Ecco i vincitori della prima edizione della borsa di studio di ESN Italia "il tuo Erasmus con ESN".


Vincono la borsa di studio da 500€

Daniele Grasso - Università degli studi di Messina

Francesco Romano - Università degli Studi di Milano

In aggiunta alle borse di studio legate a "il tuo Erasmus con ESN", l'associazione ESN Italia Alumni e la sezione di ESN Roma ASE hanno messo a disposzione un'ulteriore borsa di studio in memoria di Giuseppe Porsia (detto Beps), alumnus di ESN Italia e ESN Roma ASE, da poco venuto a mancare. L'importo della borsa non è ancora definito.

Vince la borsa di studio dedicata a Beps

Marco Secchi - Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 


Daniele Grasso (Università degli Studi di Messina)

Anomia, vuoto, confusione, intangibile sensazione di abbandono di un’origine che era arrivo e di un arrivo che fu origine. Divisione scissione, pezzi di vita costruiti e lasciati altrove. Vite vissute vicino, amici perduti lontano. Anime altrui miste alla mia vivono in me. Ma qual è il vicino, qual è il lontano, quale è famigliare, quale è estraneo.

Inversione dei rapporti di causa-effetto- Conversione, apertura, scoperta, commistione di un sé che grazie all’altro è altro ancora.

Volontario errare per crescere, involontario errore di perdere. Ma cosa ho esattamente guadagnato e cosa ho esattamente perso adesso? Un solo viaggio può cambiare un’intera esist…

LA VITA È BREVE! È molto più breve di quanto pensi. Né penserai forse più calda e materna la tua pelle nuda dei marmi pregiati per la tua bigia cenere, spero…

Sii sinistro, vitale, afferra plasma dilania il giorno! Sarà divino il cielo, ma la terra è tua! Cosa stai di…

Nuvole, cieli, casupole e case incastonate nell’azzurro come smeraldi profumati di sole che bagna l’anima di umana gaiezza passano; e verdi prati e case ed… ecco… alemanne sorgenti e rugiade celesti sui miei volti silvani ricordo mentre nuvole e cieli e case passano via, e passano, dietro la via ferrata passano altrove, lontano, vicino, ed intanto veloce il mio treno mi porta altrove… Altrove, di nuovo… E dove? A casa mia, la mia fantasticheria… Ore ed ore di fatica sul caffè e sulle dita svelte scrivere e appuntare e ricordare nella notte valse all’io diverse volte. Ore volte al mio futuro, volte al me del mio presente ed ai miei volti, agli altri me, adesso chiari grazie agli altri e grazie a me, insieme. Quant’è bella giovinezza / che si fugge e porta via / chi vuol esser lieto si…

Non sono mai stato così vivo! Finalmente libero… LIBERO!!! Non ci posso credere!!!

Lontano dalla solita trappola, dalla solita stretta, chiusa ed asfittica nera gabbia, lontano dal solito io, dai soliti ruoli, dal solito walzer di maschere che – essendo l’una alla presenza dell’altra – fingono, e fingono ancora per paura dell’isolamento e per stupida necessità di integrazione, adesso posso essere io!

Correre, scappare, studiare, saccheggiare, dilaniare, rimpinguare, derubare, massacr…

Grazie agli altri mi sento finalmente ricco, finalmente pieno di una pienezza che non si conta, che non si accumula ma si ammira! È quello che i miei nonni fondatori dell’Europa hanno voluto per me, la bellezza che hanno donato a me… ed agli altri… ed a noi.

Soles occidere et redire possunt, pensai. Come non contemplare, come non riempirsene?

La diversità è ricchezza! La ricchezza degli altri accosta la mia, non la schiaccia. Mi responsabilizza, mi rende più sicuro di me. Sono più sensibile ed attento alle diversità, cerco di comprenderle. Adesso sì che mi sento veramente pie…

L’abbandono delle vecchie superstizioni mi inebria… La mia nuova gabbia è molto più spaziosa. Lontano dai vecchi credi, dalle vecchie religioni, i vecchi santini, mi sento vitale! Relativista, sì… ma vitale!

Credo che vi stiate sbagliando tutti e due. Diciamola così: la comunicazione non è un processo di trasferimento ma un processo di trasformazione dell’informazione, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione ed ognuno di noi ha un’identità sociale.

La diversità è ricchezza, ma lo è anche la mediacritas.


Francesco Romano (Università degli Studi di Milano)

“Tornare è come partire, perché i tuoi occhi nuovi fanno estraneo ciò che ritrovi”.

1399 Il sole sorge sulla mulattiera, il chierico errante si rigira, coricato sotto il suo mantello. Si alza, orina su ciò che rimane del fuoco, piega il mantello, e lo ripone nella bisaccia e contempla ciò che la notte precedente gli aveva nascosto.

Centinaia di braccia più sotto un mare verde, centinaia di leghe a meridione la sua città, nel centro della landa: Mediolanum.

2014 L’aeroporto di Stoccarda è ormai famigliare allo studente, vi ha passato la notte aspettando invano il volo che lo riporterà a casa. Ritardi causa maltempo, uno sguardo all’esterno fa presagire la fine della tempesta. Un caffè, un buon libro e il tempo forse passerà. Pensa a coloro che ha lasciato amici, coinquilini, forse fratelli. Annunciano che il gate aprirà entro 30 minuti, un italianissimo misto di alleluia e ingiurie si leva dai passeggeri.

1399 L’uomo che stancamente scende la mulattiera non è sempre stato un chierico. Per continuare a studiare, tenere viva la fiamma del sapere, ha dovuto prendere i voti minori. In futuro potrà rinunciarvi e tali voti non impediscono una vita normale ma rimangono un prezzo da pagare. Con poco più di 30 parole ha però comprato le strade del mondo, le vie della conoscenza e il nutrimento per la sua curiosità.

2014 Lo studente guarda fuori dall’oblò, gioca forse a riconoscere gli animali nelle nuvole o forse pensa al prezzo pagato per partire. L’amore e le amicizie lontani, i mesi in una terra di cui a malapena conosceva la lingua, lasciare il suo gruppo scout e vederlo avvizzire per mancanza di capi e molto altro ancora. Ne è valsa la pena? La tesi è alle stampe, molte porte si sono aperte e legami stretti, i suoi occhi vedono più lontano e i suoi piedi hanno ritrovato il gusto della strada.

1399 Nella stalla di una locanda il chierico sogna: un giovane su una sedia di velluto blu, vola in un rapace d’acciaio. Il giovane lo guarda, i suoi occhi lo interpellano.

“Perché torni? Sai che i tuoi ricordi non sono altro che raggi di sole, ti scaldano ma non li puoi toccare. Cosa pensi di trovare?” Gli occhi lo trafiggono “Perché parti? Perché sei partito? Perché ripartirai?”

2014 Lo studente dorme nella sua poltrna di velluto blu, dorme e sogna. È sul sentiero per la Val Codera e su un tronco, di fronte a lui, vi è un uomo che pare un frate. L’uomo lo guarda, le domande e i dubbi assalgono lo studente: “Se nulla di quanto ricordi della tua vita fosse più vero, se non lo fosse mai stato?” Il frate lo indica col bastone “Fuggi? Perché fuggi?”

1399 “Torno per i suoi occhi, torno perché i miei occhi sono nuovi, torno per incontrare chi ho creduto di conoscere. Parto perché ho dentro la strada, la mia mente è lontana, il mio cammino lungo, la mia meta chiara. E ancora partirò coi piedi o col pensiero perché solo chi cammina sceglie il suo sentiero”

2014 “Non so se rammento il vero, ma anche se tutto fosse diverso mi rimarrà il gusto di scoprire ciò che ho perso” si fissano negli occhi “Fugge chi non ha meta, chi non sceglie. Chi parte progetta, sogna, scommette sul suo futuro. Talvolta si sbaglia strada e si deve tornare indietro, ma non è fuggire, è crescere.”

1399 Giunge alle mura della capitale viscontea e lei…

2014 …gli viene incontro appena fuori l’aeroporto…

1399 “Siamo solo io e te, amor mio” piangono l’un stretto all’altra…

2014 L’abbraccio sembra durare un secolo, tornano a casa.

1399 Precettore dei figli del duca, sposato, felice. Il chierico, che non è più chierico, è inquieto. Parte ora per un lungo viaggio, senza muoversi da casa.

2014 Insieme guardano le poche stelle che vincono le luci di Milano, due biglietti sul comodino, forse la stessa destinazione.

1399-2014 “Lo zaino in spalla, il cuore nella strada, partire è una scelta, scegliere è partire”


Marco Secchi (Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano)

Mi sento come un pugile stesso a terra sul ring, dopo l’ultimo pugno dato dal mio avversario. A terra, quasi incosciente, quasi senza sensi. Sono letteralmente K.O.; ma, a differenza di un pugile vero, il mio “dolore” non è fisico. Non ho lividi al volto o sul corpo e nemmeno sangue che fuoriesca da qualche ferita aperta. Ho semplicemente un vuoto dentro di me: quest’ultimo pugno non ci voleva proprio; purtroppo ho perso questo match finale contro il tempo, il pugile più forte di tutti e che nessuno riesce mai a sconfiggere. Alla fine vince sempre lui e tu rimani attonito; lui non molla mai: va avanti per la sua strada senza mai fermarsi. Questa volta, sono a terra.

No, che avete capito? Non mi chiamo Mike Tyson e non sono un pugile professionista, sono semplicemente un ragazzo che ha appena terminato l’Erasmus.

Un mio amico scherza: "Adesso capisco perché ti senti così, capisco perché sei K.O.: sei ubriaco! Sei andato in Erasmus e in Erasmus, si sa, nessuno studia e si fanno solamente un sacco di feste ad alto tasso alcolico!"

In realtà, io sto benissimo dal punto di vista fisico e non sono affatto ubriaco: sono solamente molto triste perché quest’indimenticabile esperienza purtroppo è terminata.

L’affermazione del mio amico, tuttavia, mi ha fatto riflettere molto: tante persone, infatti, ragionano utilizzando stereotipi e vedono l’erasmus semplicemente come un’occasione per divertirsi, nella quale ciò che conta veramente è trasgredire le regole. Io, in verità, avevo già un’idea diversa prima della mia partenza ed ora che ho potuto vivere sulla mia pelle questa esperienza, posso tranquillamente affermare che la realtà non è proprio come quella che viene dipinta da molta gente.

L’erasmus non è solo festa, divertimento e trasgressione. Eramsus racchiude dentro sé un’intera gamma di verbi: conoscere, scoprire, imparare, collaborare, relazionarsi, maturare, crescere… Potrei andare avanti all’infinito, ma probabilmente tutte queste parole non riusciranno mai a descrivere veramente quello ho vissuto giorno per giorno durante quest’anno all’estero. Ho ancora in mente tantissimi momenti della mia esperienza e ogni giorno riaffiorano ricordi diversi. Riguardo le fotografie scattate assieme ai miei nuovi amici, i miei compagni di avventura; ripenso ad aneddoti strani di cui sono stato testimone; ogni tanto mi vengono in mente dei semplici profumi che sentivo nella mia nuova città, delle voci di certe persone, certi sguardi, certe sensazioni.

I tratti che caratterizzano questi ricordi sono essenzialmente due: la bellezza e la felicità. Ogni attimo che ho vissuto mi sembra straordinario e persino i momenti più cupi, i più difficili, quelli più ricchi di ostacoli (perché ovviamente ci sono stati anche quelli) ora hanno una sfumatura positiva e li ricordo con il sorriso.

Durante quest’anno posso affermare di aver combattuto bene, davvero bene. Una calda mattina di fine estate sono salito sul ring; avevo già partecipato a qualche combattimento, ma questo era il mio primo match internazionale. A vedermi non c’erano i miei genitori, non c’erano i miei parenti, né tantomeno i miei amici. Questa volta, per la prima volta, ero veramente solo. Io e i miei guantoni. Tutte le persone a me care non erano lì fisicamente, ma io sentivo che c’erano lo stesso: erano nel mio cuore. Ho lottato contro tanti avversari, contro le mie paure: quella di non essere all’altezza della situazione e quella di non riuscire ad integrarmi, la paura di fare fatica a vivere in un ambiente e in un contesto diverso e quella di non essere in grado di farmi comprendere… Le ho sconfitte tutte, una ad una, giorno per giorno, alcune con più fatica, ma alla fine ce l’ho fatta.

L’unico avversario che mi ha dato un montante secco e mi ha tramortito è stato il tempo: lui è stato più forte e non mi ha dato scampo; mi ha detto che il mio torneo, la mia piccola Olimpiade, era giunta al termine. Ora mi rimangono solo tanti ricordi e tante nuove amicizie che continuerò a coltivare; mi sento cambiato: se prima anch’io ragionavo come il mio amico, per stereotipi, ora credo di avere una mente più aperta nell’accettare le differenze altrui, che credo siano proprio ciò che ci arricchiscono maggiormente.

Mi sento più indipendente, più maturo, più forte e più responsabile, tutte caratteristiche che si riveleranno utili per il mio futuro. Già, il futuro. E ora? Dopo l’Erasmus è come se si chiudesse un capitolo della propria vita. Si ritorna alle proprie vecchie abitudini e al solito “tran tran” precedente, ma probabilmente con uno spirito differente: un animo più intraprendente e più attivo, maggiormente desideroso di conoscere e di scoprire, di confrontarsi e di relazionarsi. Con più grinta.

Perché anche se non sono e non sarò mai un professionista, sarò sempre un pugile. E vorrei continuare ad esserlo calcando altri palcoscenici internazionali.